domenica 27 febbraio 2011

Pensiero Numero Quattro.

Il Pensiero Numero Quattro si spezza in quattro parti. La quarta è la seguente:


Ultimo.
Domenica mattina, il sole è solo un disco incandescente appiccicato a una superficie piatta color grigio topo, tinta unita, segnata dal motivo disarmonico delle punte dei palazzi e dei grattacieli stagliarsi chiari e immobili. Ti ritrovi con il naso schiacciato contro il vetro freddo delle finestre ad offuscare il panorama con l'alone dell'alito. E che alito. Anche la pancia è schiacciata contro la finestra, la pelle nuda e sudaticcia, emana un odore pungente. E che pancia. Mi passo una mano tra i capelli, ciocche unte che riposano schiacciate sulle tempie e sulla fronte, nascondono le orecchie e solleticano il collo. Una volta avevo i capelli neri e folti, iper curati, iper morbidi, iper pettinati. Passavo ore davanti allo specchio a sistemare i particolari del volto, un punto nero di qua, un pelo di la, la mosca, le sopracciglia, cosa posso fare per le occhiaie, la crema idratante, il dopobarba. Avevo le mani perfette, senza tutti quei pelacci neri che toglievo accuratamente, senza le unghie sporche e mangiate, con la mia seduta settimanale dalla manicure, le mie lampade, la palestra e tutta quella verdura e i risparmi per comprare vestiti eleganti, profumi costosi, per riuscire ad affittare un loft con un certo stile, un orologio da vero uomo, per poter offrire tutte quelle cene, e bere con gli amici, e le vacanze lampo da una parte e dall'altra, le foto ricordo, e si è giovani per sempre. Una vita passata a fare un lavoro di merda per poter avere i soldi per poter comprare la roba che ti piace. E intanto i tuoi coetanei studiano, si fanno una cultura, dicono cose interessanti, perdono tempo in attività terribilmente affascinanti e inutili, prendono una laurea e le ragazze le hanno lo stesso anche senza i vestiti firmati, e ne hanno avute molte di meno di te ma poi si sono sposati, e alla fine ce l'hanno fatta con un po' di fortuna, hanno una casa e un paio di bambini ed escono molto meno spesso, e hanno molto meno tempo da perdere con te e tu ti ritrovi solo nel tuo cazzo di loft da scapolone e improvvisamente ti viene meno la voglia di tenerti in forma. Non ti interessa più una pelle perfetta, ti lavi molto meno spesso, mangi da burger king, andare in palestra è molto più faticoso di un tempo, preferisci bere di più piuttosto che farti le lampade, piuttosto che andare dalla manicure, piuttosto che comprare un profumo o un vestito nuovo, ti tagli i capelli da solo. E i pantaloni non ti stanno più, e compri dei jeans da quattro soldi e qualche camicia destinata ad essere sempre un po' unta, una cravatta moscia e depressa da aspirante suicida, la sera non esci e guardi la tv, ogni tanto vai a cena dai tuoi amici, con le loro mogli e i loro figli, e ripensi a quella ragazza che ti piaceva dal liceo. Amy. Ripensi a l'unica storia ufficiale e seria della tua vita, a come sei stato vile ed egoista, a come l'hai persa e con lei un po' di fiducia in te stesso. A tutte le ragazze che hai avuto, al senso che non c'è mai stato, al vuoto la mattina, alle volte che hai detto “vattene via”, al presente che invecchia e sa di polvere e ti ritrovi a piangere rannicchiato tra le lenzuola sporche tutte le sere finché non decidi che fa lo stesso, un senso lo troverai, prova a inventarti qualcosa, inizia a scrivere. E non importa se ciò che esce dalla tua penna sarà il frutto marcio dei film che sai a memoria, non importa se avrai graffiato pagine e pagine di parole bizzarre e immagini sconnesse come il profilo spezzato di un pugile, in lotta perenne con il perenne fiatone, tutto quel sudore e il cuore che pompa a mille e ti sforzi e prendi a pugni il vuoto nella speranza di spezzare la realtà come fosse uno specchio, perché dietro a quel ciccione di merda c'è un uomo, dietro a quelle occhiaie ci sono esperienze incredibili, devi solo rompere la superficie, CRAC!, devi solo rompere la superficie e scoprire che dall'altra parte c'è un idiota di mezz'età che ti sta tirando un pugno in pieno viso. E ti fa male. E ti ritrovi schiacciato contro una finestra con una puttana stesa sul letto, sporco e vecchio, con l'odore di vomito ancora sulle labbra e un cerchio alla testa. Dovevo scegliere l'innocenza. Dovevo chiamare assistenza per Julia. Dovevo sposarmi con Amy. Dovevo andare all'università. Dovevo leggere di più. Dovevo abbracciare più spesso mia madre. Dovevo essere più obbediente. Dovevo provare ad essere buono. Dovevo provarci.
Dovevo scegliere l'innocenza.

E invece eccomi qui, sull'altare del mio egoismo a voltarmi verso Nancy, Nandy, Sandy o come diavolo si chiama e svegliarla bruscamente dicendo «Pensi di avere finito?» con una voce che non so da dove mi esca, e le butto a terra i suoi soldi, e gliene butto a terra altri e le dico «Voglio finirli tutti, capito?» e lo dico con una faccia che non so da dove mi salti fuori. Voglio toccare completamente il fondo, voglio finirla con questa storia del cazzo, voglio sdraiarmi sul fondo, guardare su a pancia all'aria e gridare «Almeno io ho il coraggio di guardare in faccia le cose!». Voglio far vedere al mondo chi è il più bastardo, chi è che ha le palle, chi è che accetta il proprio presente senza frignare. Tutti pieni e farciti di falsità e apparenza, tutta ipocrisia e sorrisi bianchi e mega schermi al plasma, e beneficenza e carità e speranze per il futuro e siamo tutti unici e meravigliosi e importanti e ti vogliono bene ti vogliono bene ti vogliono bene ti vogliono bene ti vogliono bene CAZZATE! Non sei niente, non sei nessuno, e adesso ti scopi questa ballerina e non pensi ai soldi, non pensi a cosa è giusto e cosa non lo è. Adesso ti comporti come nessuno ti ha mai insegnato a fare. Adesso diventi autentico. Fanculo l'amore.
E io la fisso così, con i miei occhi pieni di ferocia e privi di pietà, il petto gonfio e il sangue che ribolle sentendomi sempre più vivo ad ogni secondo che passa. Sentendomi vivo come non mi sono mai sentito in vita mia, sto per rompere gli argini, sto per fare una di quelle cose che alcuni chiamano “peccato”, e non vedo l'ora che alzi lo sguardo e veda me, in tutta la mia imponenza e fermezza, senza l'ombra di incertezza o esitazione. Tutto d'un pezzo per la prima volta in vita mia. E finalmente mi guarda.
È ancora assonnata e solo adesso mi accorgo del suo viso senza il trucco, dei buchi scavati nelle guance e degli occhi leggermente strabici. Sorride mostrando i denti un po' storti e stiracchiandosi tra le coperte si scopre un po', quel che basta per notare un paio di brutte cicatrici sul fianco. Lo smalto è scheggiato, i capelli sono spettinati e ruffi, sembrano di plastica. Si alza in piedi senza mostrare disagio alcuno, e posso vedere i peli incarniti e i solchi della cellulite. Smagliature sul seno. Alla luce del sole sembra più vecchia di qualche anno, sempre prorompente e magra, ma adesso le linee del suo corpo sono più spigolose e dure, asimmetriche. Muscoli definiti, ma ossa troppo grosse, gambe troppo corte, spalle troppo spioventi. Che coglione. Sia maledetto l'alcol! Dannate luci rosse! «Prima però baby, devo chiedere a un'amica se può tenere ancora mio figlio..» che ti aspettavi Ben? Quelle belle non vanno con i poveretti come te. Rimango immobile e improvvisamente mi viene voglia di piangere. Nadia, Mandy o come diavolo si chiama si volta e fa «Tutto okay cucciolo?» e io mi copro la faccia con un braccio, strappando via tutte le lacrime dagli occhi. Tiro su con il naso e le faccio «Vattene via.» con una voce che non ha niente a che fare con quella di prima. Quella annuisce e inizia a rivestirsi. Io rimango immobile e continuo a coprirmi il volto, ma più trattengo le lacrime più mi manca il fiato e inizio ad ansimare, la gola è piena zeppa di benzina, prende fuoco e mi brucia il viso, ogni sospiro è un basso mugolio che sfugge contro la mia volontà. Brandy, Suzy o Kathia si china a raccogliere i soldi e se li ficca in borsa mormorando un «Ciao..» prima di uscire chiudendosi la porta alle spalle. E io posso finalmente scoppiare.

Chiamo Julia, ho la voce rotta e il naso paonazzo. Tu, tu, tu, chhrc «Prrrronto?». Mi schiarisco la gola. «July? Vieni qui per piacere?» «Ben sei tu?» «Non mi sento tanto bene.. io.. vieni qui?» e lentamente ricominciano a scendere i lacrimoni sulle guance, rotolano come massi incandescenti. «Stai piangendo?». Silenzio. Inizio a singhiozzare e tiro su col naso. «Oh, Julia, aiutami ti prego..». Silenzio. Click. Tu, tu, tu, tu. Ha riagganciato. Sta venendo qui. Lo sapevo che su di lei potevo contare, la mia piccola July, cosa farei senza di lei? Mi sento avvolto da una sensazione di calore al pensiero di poterla abbracciare, delle sue mani che asciugano le mie lacrime, delle sue labbra contro la mia fronte, e i suoi denti perfetti e i suoi capelli biondi splendere per me e me soltanto. Posso rialzarmi in piedi se solo mi tenderà la mano. Io lo so, lo so che sono una persona migliore, lo so che posso essere felice con lei, io so che nell'esatto momento in cui entrerà da quella porta sarà come se non fosse mai successo nulla. Julia definirà tutto, incastrerà l'ultimo pezzetto del puzzle, sistemerà l'ingranaggio che non funziona. Perché ci amiamo. Perché dopo tutti questi anni è questo quello che mi merito, no? No. Non sta venendo qui. Dopo due ore e mezza sul pavimento mi rendo conto che ha riagganciato e basta. Tiro su la cornetta e digito il numero una seconda volta. «Julia ascoltami..» «No! Tu ascoltami bene.. non chiamarmi più!» «Ma perché?» «Perché non mi hai più chiamata! Idiota!». Click. Tu, tu, tu, tu. E improvvisamente mi sento infinitamente stanco, e nella testa non fanno altro che ronzare i perché? come mosche su un mucchio di merda, il mucchio di merda che mi riempie il cranio, che mi esce dalla bocca. Io sono uno stronzo. Eppure non mi convince affatto. Tutte le parole dette, i sei bella, ti amo, tutte le carezze e quei gesti come se fosse la cosa più importante per me, ti chiamo dopo che già mi manchi, e poi quarantottore di silenzio. Sono uno stronzo. Eppure non mi convince affatto. Sono piccolo, meschino, egoista, sono un approfittatore bugiardo, faccio schifo. Eppure non mi convince affatto.
Stanotte ho vomitato sul divano mentre stringevo i fianchi a una puttana.
Eppure non riesco veramente a provare vergogna.
Ed è proprio per questo che continuo a piagnucolare e non vado a lavarmi, e non sistemo casa. Io sono esattamente al centro della mia vita, sono qui.
Sono qui. Spalmato a terra in un angolino con il culo freddo a contatto con il pavimento e mi faccio una gran pena, e mi piango addosso. Eppure striscio verso la scrivania, mi siedo, prendo in mano una penna e guardo un foglio bianco. Ho le mutande bucate, puzzo, la mia pancia è una mozzarella bianca. Eppure non mi vergogno.
E, sapete che vi dico?
Inizio a scrivere.
 

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