mercoledì 9 febbraio 2011

Pensiero Numero Quattro.


Il Pensiero Numero Quattro si spezza in quattro parti. La seconda è la seguente. 

Secondo
Sono le tre e trenta del mattino e Chuck mi guarda con i suoi grandi occhi da cagnolone dicendomi «Salta su Angioletto..». Chuck un po' si diverte, credo. Ciò che indosso è scomodo, arancione e sterile, e fuori la notte è una crema densa tagliata a fette dalle luci dei lampioni. Non ho mai fumato in vita mia, giuro, ma sto spegnendo una Lucky rossa proprio in quest'istante, con gli altri volontari che si assicurano ci sia tutto l'occorrente in ambulanza, io sputo fuori il fumo e un po' di paura e salgo chiudendomi gli sportelli alle spalle. Ci siamo, ci siamo, ci siamo continuo a ripetermi in testa. Ho la stessa sensazione di quando giocavo a nascondino da piccolo, sono teso e all'erta, e sopratutto ho una gran voglia di vincere. Sto andando dritto al nocciolo, non salverò vite, non sarò utile a nessuno, questa sera voglio solo fare da spettatore. Sto andando dritto al nocciolo della questione, sto per scoprire cosa vale veramente guardando in faccia gli occhi di uno che muore, mi sento shockato all'idea, mi sento euforico, non sto più nella pelle, sto per trovare le parole. Un uomo dall'aria smunta mi guarda incuriosito, sta cercando di decifrare le mie espressioni. «Prima volta, mh?» e io rispondo «Puoi dirlo forte.». Avrà si e no cinquant'anni e un paio di baffi rossi e castani che vedi solo nei film. «Ricordati che se devi vomitare o ti senti svenire devi levarti subito dai piedi, capito, mh?» e io annuisco e aggrotto un po' la fronte. Ha gli occhi gialli e opachi, deve essere uno di quelli che ha visto troppo e gli si è consumato lo sguardo; improvvisamente ho l'irresistibile impulso di nascondermi. Sorrido imbarazzato e dico «Ma.. a chi stiamo andando incontro?» quello abbassa lo sguardo e sospira scuotendo appena la testa. Non mi risponde, a farlo è quello seduto accanto che gracchia un «Ah ragazzo.. brutta roba, brutta roba..», e le ombre sotto gli occhi scavati nella faccia diventano profonde e malevole. «Ma che vuol dire? Non abbiamo acceso la sirena..» una nota di sgomento mi sorprende infilandosi tra una parola e l'altra, traditrice piccola figlia di puttana, io non ho paura, io sono uno scrittore cazzo, io vado incontro alle emozioni forti. Il primo uomo sorride appena e stringe gli occhi in uno sguardo amichevole «Beh, prima o poi capita di vedere certi spettacoli.. tu hai un gran culo, tu te li becchi subito.» inarco il sopracciglio, e il secondo uomo si schiarisce la voce «È morta. Stiamo andando a raccogliere i pezzi a casa sua.». Non so perché ma quelle parole mi si infilano in gola, spingendo come pazze, mi riempiono i polmoni e non riesco a dire niente, e rimango li, a bocca aperta e sbatto gli occhi e credo di avere un'aria decisamente idiota e tutto quello che riesco a pronunciare è «..una donna?» mi esce in un sibilo. Sono bianco, me lo sento, e non siamo neanche arrivati a destinazione. Il primo annuisce, il secondo si sporge appena e mi fa «Puoi rimanere qui, se non te la senti..». Voglio rimanere qui. Sono un coglione, ma Cristo, dico io, come si fa a pensare di andare a cercare la verità nelle sfighe altrui? Non ho più voglia di giocare. L'ambulanza si ferma e io sorrido teso dicendo «No, no.. io vengo con voi.» e sì, cazzo, sono un vero uomo io. Si aprono le porte e scendo. Time out, basta, fido, un attimo per favore fatemi riprendere fiato. La barella, la cassetta del primo soccorso, le mascherine, i guanti, i due che mi guardano incuriositi e poi si guardano tra loro, e la notte che mi entra in gola e spinge, fredda e pungente. Non riesco a chiudere gli occhi. «Ma che le è successo?» e la mia voce trema. E io sono abbastanza coperto. «Maniaco depressiva incinta che si è aperta la pancia con un coltello da cucina.» e io mi volto di scatto e spalanco la bocca e tutte le parole che mi salgono alla mente si condensano in conati di vomito acido e rossiccio, misto a pezzi di kebab e i cereali che ho mangiato prima di uscire. Splat. Mi sento una merda. Mi sento di merda. Sono bianco, e sudaticcio. Le palle le devo proprio aver lasciate a casa oggi, o forse non le ho avute mai. Il primo uomo mi appoggia la mano sulla spalla e solo allora mi accorgo che sto tremando. «Se non te la senti puoi rimanere qui..». Col cazzo. Sputo i residui degli acidi gastrici sul marciapiede, rutto, e mi volto alitandogli in faccia a pieni polmoni un «Non vedi che ho già vomitato?». Pace libera a tutti.
Saliamo le scale, mi sento fico, mi sento come dentro a un film; tutta la paura è sparita nella roba che ho sbrodolato sull'asfalto. Hey Ben, ci siamo quasi Ben, stai per vivere un'esperienza di vita vera, stai per trovare una marea di parole, stai per sconvolgerti gli occhi. Già l'immaginavo: bella e fredda con un vestito morbido e leggero, qualche bottone slacciato sulla scollatura e i lunghi capelli mossi accarezzarle il volto perfettamente rilassato, occhi chiusi e lunghe ciglia che sfiorano le guance già pallide. Luci spente e il chiarore lunare ad avvolgerne i contorti in un'aura argentea, algida visione, la mano molle coprirsi il ventre, l'altra adagiarsi accanto a una pozza di sangue infinita inondare il tappeto e disegnare rivoli purpurei che dal pancione orrendamente sgonfio macchiano le gambe sottili e nude, le braccia magre e rilassate, come petali d'un mazzo di rose esplose in un maggio di ruggente follia. E poi il grido delle viscere e del feto sparsi in una merda di liquami maleodoranti. Sì Ben, questa è poesia, questo il pubblico lo fa sbavare. Ecco la porta. Il primo uomo mi guarda come a volermi dire pronto?, il secondo uomo suona fa per appoggiare la mano alla maniglia quando la porta si apre. Sbam.
Luce, una faccia rugosa e vecchia, è una vecchia, ha l'aria affannata. Dice «Mio marito non sta tanto bene..» con due occhi grandi come un uovo spellato, molli come un uovo spellato, lucidi come il tuorlo di un uovo. Il primo uomo sorride tranquillo e dice «Mary, tranquilla.. adesso ci pensiamo noi.» e il secondo uomo mi guarda divertito e soffoca una risata scuotendo la testa. Dentro il buco di monolocale ammuffito e spoglio c'è un vecchio arreso al peso degli anni annegare sotto una montagna di coperte, che al momento sembrano strati e strati di pelle, la sua pelle. La bocca secca e avvizzita gli trema, un filo di bava agli angoli delle labbra, mi punta gli occhi sbarrati addosso e sorride completamente rincoglionito. Ride, il beota. Ride. Muori vecchio. Muori, muori, muori che cazzo! Andate tutti affanculo. Fanculo al primo uomo e fanculo al secondo uomo, fanculo al vomito sparso sulla strada e fanculo a Chuck. Fottetevi tutti e non fatemi vedere mai più le vostre facce. Sto perdendo la calma, non respiro più, non mi muovo più. E il vecchio mi guarda e ride, completamente andato. E il secondo uomo mi guarda e non riesce più a trattenersi e gli vengono le lacrime agli occhi, e il primo uomo si copre il volto nascondendo un ghigno. E la vecchia Mary si guarda attorno con aria persa e sorride senza capire. E io mi volto, mordendomi il labbro e seppellendomi la faccia nelle mani, trattengo il fiato. Non respiro più. Vorrei morire.
Che figura di merda.

Nessun commento:

Posta un commento

Accetto critiche. Non garantisco lo stesso per i giudizi u.u